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LA GUINEA EQUATORIALE È IN CRESCITA: NATURA E SOSTENIBILITÀ AL CENTRO DEL PROGETTO

Quando si parla dei paesi della fascia centrale dell’Africa, il discorso è sempre abbastanza particolare. Abituati al contesto Europeo, soprattutto in chiave storica, siamo abituati a pensare agli stati nazionali come qualcosa che è frutto di un processo lungo e di lotte politiche snervanti.


Per ciò che riguarda il continente africano invece, occorre fare un discorso differente. Il fatto che la maggior parte dei paesi si sia trovata in molti casi assoggettata dalle potenze del Vecchio Continente, ha scaturito un’arretratezza abbastanza evidente. Non parliamo esclusivamente della fame nel cosiddetto “terzo mondo“. In una chiave più ampia, ci riferiamo ad un ritardo nello sviluppo della società. Questo almeno rispetto a quella occidentale e moderna, inclusiva dei pro e dei contro della questione.

Progetto lungimirante

Nonostante la questione coloniale sia giunta al termine, rimane forte il concetto di sfruttamento economico delle società arretrate. Paesi come la Guinea Equatoriale, abitati da poco più di un milione di abitanti e ricoperti per il 90% da foreste, hanno tratto ricchezza dall’estrazione di risorse naturali come i combustibili fossili. Ora che però questo mercato non sembra essere più prioritario, è assolutamente cruciale strutturare un programma di modernizzazione della società.

Attraverso il nuovo Piano nazionale per lo sviluppo sostenibile 2035 (PNDS 2035), i vertici politici della Guinea Equatoriale hanno in mente di dare un nuovo e fresco slancio al proprio paese. Una serie di investimenti oculati e mirati alla valorizzazione del patrimonio naturale presente in loco avranno certamente la priorità.

Avendo una tale potenzialità, questo paese vorrebbe riuscire a spiccare in un contesto ancora molto acerbo. Il problema infatti rimane sempre il medesimo: riuscire a sfruttare le proprie carte senza che qualcuno, probabilmente più esperto, debba intervenire per fornire dei suggerimenti per una riuscita ideale. Questo altrimenti scaturirebbe  una nuova tappa colonialista, più subdola e silenziosa, ma altrettanto incentrata sul lapalissiano sfruttamento delle risorse altrui.

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