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I molluschi sono pieni di microplastiche: lo studio di Greenpeace

L’ultima analisi di Greenpeace ha evidenziato come le microplastiche che ormai inquinano i nostri mari si trovano anche nei molluschi e non solo nei pesci più grandi


Non sono soltanto i pesci più grandi a ingerire le microplastiche che ormai inquinano i nostri mari, derivanti dalla frammentazione delle plastiche più grandi o dai residui che derivano da prodotti come creme o dentifrici: le microplastiche sono state trovate anche nei molluschi, come emerge dall’ultimo studio condotto in merito da Greenpeace. A raccogliere i dati, la dott.ssa Stefania Gorbi dell’Università Politecnica delle Marche.

Lo studio ha preso in esame i siti di Genova, Grosseto, isola del Giglio, Napoli e Ventotene: ad essere analizzati i pesci e i molluschi più pescati e consumati in Italia, tra triglie, merluzzi, cozze e gamberi, per un totale di oltre duecento organismi marini. Ne è emerso che al loro interno esiste una diversa varietà di polimeri tra cui spicca la presenza di plastiche fatte di polietilene, il materiale con cui si producono i prodotti usa e getta. La frequenza maggiore di particelle si ritrova attorno all’Isola del Giglio, benché nella zona vi sia un miglioramento rispetto al periodo immediatamente successivo alla rimozione della Costa Concordia quando la percentuale di microplastiche nei pesci era molto più elevata.

Anche il Tirreno dunque si rivela particolarmente inquinato, e soprattutto la quantità di plastica presente nei pesci deve accendere un allarme rispetto al fatto che l’inquinamento delle spiagge è solo una parte del problema: ciò che deve preoccupare di più è l’inquinamento non visibile che dai pesci finisce direttamente nei nostri piatti, con rischi per la salute che ancora non sono conosciuti. Per questo motivo l’inquinamento marino è un problema su cui bisogna intervenire al più presto in maniera drastica, non pensando solo al riciclo come soluzione ma pensando a come eliminare definitivamente l’utilizzo di alcuni oggetti che inquinano i nostri mari.

Photo credit: Pixabay.it

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