
"Pieni di PFAS": la nuova scoperta (agghiacciante) sull'alimento più amato in Italia - biopianeta.it
Pesce d’acqua dolce italiano contaminato da PFAS fino a 12 volte oltre i limiti: ecco cosa significa per la salute e la catena alimentare.
Quando pensiamo al pesce italiano, immaginiamo freschezza, qualità e una tradizione culinaria invidiata in tutto il mondo. Tuttavia, un’indagine recente ha acceso un campanello d’allarme che riguarda uno degli alimenti più presenti sulle nostre tavole. Le analisi hanno rivelato concentrazioni preoccupanti di PFAS, sostanze chimiche persistenti e nocive, in diverse specie di pesce d’acqua dolce.
Si tratta di una scoperta che lascia sconcertati, perché i PFAS noti anche come “inquinanti eterni” non solo si accumulano negli ecosistemi, ma arrivano direttamente nel nostro organismo attraverso la catena alimentare. Il dato più inquietante riguarda alcune zone del Veneto, dove il livello di PFOS, uno dei composti più pericolosi del gruppo, supera i limiti di sicurezza fino a dodici volte.
Questa emergenza chimica non riguarda solo l’Italia, ma l’intera Europa, come evidenziato dal rapporto dell’European Environmental Bureau (EEB). Dai fiumi del Nord fino ai canali del Delta del Po, i PFAS sono presenti in quantità tali da rendere necessaria una riflessione seria sulla sicurezza alimentare.
PFAS nei pesci italiani: una minaccia anche Europea
I PFAS sono composti chimici artificiali utilizzati da decenni in moltissimi settori: dall’industria tessile e conciaria agli imballaggi alimentari. Passando per pentole antiaderenti e prodotti cosmetici. La loro caratteristica più pericolosa è la resistenza alla degradazione: una volta rilasciati nell’ambiente, restano nei suoli, nelle acque e negli organismi viventi per anni, accumulandosi progressivamente.
Nei pesci d’acqua dolce italiani, i livelli rilevati sono allarmanti. Le trote, le carpe, i persici e le anguille provenienti da fiumi e canali industriali mostrano concentrazioni di PFOS fino a 69 microgrammi per chilo. Contro un limite europeo fissato a 0,077 microgrammi. Questo significa che l’esposizione attraverso il consumo di pesce è una delle principali fonti di rischio per la salute, secondo l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA).

Le conseguenze a lungo termine dell’ingestione includono alterazioni ormonali, problemi al fegato, ridotta fertilità, disturbi del sistema immunitario. Non si tratta solo di un problema per l’uomo: anche la fauna acquatica soffre, con impatti significativi sul metabolismo, la riproduzione e la biodiversità.
La situazione richiede attenzione ma anche scelte consapevoli. Prediligere pesce proveniente da acque controllate o da allevamenti certificati riduce significativamente il rischio di esposizione ai PFAS. In alternativa, variare la dieta con pesce di mare o altre fonti proteiche può limitare l’accumulo di queste sostanze nel corpo.



