
La scoperta della medusa aliena nel Carso friulano (www.biopianeta.it)
Nel cuore del Carso triestino, a trecento metri di profondità nella grotta Luftloch, è stata rinvenuta una specie di medusa d’acqua dolce.
Questa scoperta, effettuata da un gruppo di ricerca dell’Università degli Studi di Trieste in sinergia con la Società Adriatica di Speleologia e il Museo di Storia Naturale di Trieste, ha portato alla luce un’inedita presenza biologica in ambienti ipogei, confermando la diffusione sempre più ampia di specie alloctone in ecosistemi europei.
La medusa aliena è stata identificata durante un progetto di monitoraggio della biodiversità negli ambienti ipogei che ha analizzato campioni d’acqua prelevati nella grotta Luftloch, un ambiente sotterraneo collegato al fiume Timavo, il quale attraversa Italia, Slovenia e Croazia. Il team universitario ha riscontrato la presenza del DNA della Craspedacusta sowerbii, insieme a quello di altre specie tipiche di ambienti carsici come crostacei, isopodi e insetti.
La grotta Luftloch, chiamata così per l’effetto di “respiro” dovuto alle correnti d’aria naturali, rappresenta un habitat unico dove la luce solare non penetra mai. La rilevazione di questa medusa d’acqua dolce in un contesto così remoto e privo di connessioni dirette con l’ambiente esterno ha sorpreso gli esperti, aprendo nuovi interrogativi sulle modalità di dispersione delle specie aliene.
Caratteristiche e diffusione della Craspedacusta sowerbii
Originaria della valle del fiume Yangtze in Cina, la Craspedacusta sowerbii appartiene alla famiglia degli Hydrozoa ed è caratterizzata da un corpo traslucido e tentacoli urticanti utilizzati per catturare piccole prede. La specie si presenta spesso in forma di polipo, piccolissimo e ancorato a substrati come rocce o piante acquatiche, rendendo la sua osservazione a occhio nudo estremamente difficile.
La presenza di questa medusa d’acqua dolce in Europa non è nuova: è stata segnalata in fiumi e laghi di Inghilterra, Croazia, Germania e diverse aree italiane. Tuttavia, la sua individuazione in un habitat ipogeo come la grotta Luftloch è un caso unico e testimonia la capacità di adattamento e colonizzazione anche di ambienti estremi.
Il ciclo biologico della Craspedacusta sowerbii prevede una fase polipoide asessuata e una fase medusoide sessuale. Tuttavia, nelle popolazioni europee la riproduzione sessuale è rara, poiché i polipi introdotti sono generalmente dello stesso sesso: la diffusione avviene quindi prevalentemente per via asessuata o tramite stadi di resistenza come le podocisti.

Gli studiosi escludono che la medusa abbia potuto migrare autonomamente fino al Carso italiano nella forma di polipo. Più plausibilmente, la specie si è diffusa in Europa grazie al trasporto accidentale da parte di uccelli migratori, i quali possono trasportare forme di vita acquatiche microscopiche e resistenti attaccate a piume e zampe. Una volta introdotta, la medusa ha colonizzato corsi d’acqua dolce progressivamente, fino a raggiungere ambienti ipogei come quello del Timavo.
Il fenomeno si inserisce nel più ampio contesto delle specie aliene invasive in Italia, dove si contano oltre 3.500 specie introdotte, di cui quasi 500 considerate invasive e una crescita di 16 nuove specie all’anno. Queste specie rappresentano una sfida per gli ecosistemi autoctoni poiché possono alterare gli equilibri naturali di flora e fauna.
Per fortuna, la Craspedacusta sowerbii è considerata innocua per l’uomo e non comporta rischi diretti per la qualità delle acque. La sua presenza è più che altro un indicatore della complessità e fragilità degli ambienti acquatici interni e del fenomeno di globalizzazione biologica.