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Allarme patatine fritte: contengono acrilammide, una sostanza tossica

Le patatine in busta contengono acrilammide, una sostanza potenzialmente tossica che è cancerogena e che può formarsi in molti alimenti se cotti ad alte temperature

Rischio per molti degli alimenti che consumiamo abitualmente, o meglio per le modalità di cottura a cui vengono sottoposti i cibi, che rischiano di sviluppare l’acrilammide, una sostanza chimica che si forma durante la frittura, la cottura in forno o alla griglia, e quindi durante i processi di cottura, a livello casalingo o industriale, che superano i 120 gradi. L’acrilammide, cancerogena, altera il Dna e fa male al cervello: i ricercatori hanno lanciato l’allarme dopo aver rilevato la presenza della sostanza all’interno delle patatine fritte in busta.

Lo studio ha preso in esame diverse marche di patatine in busta, rilevando che tre marchi su sei presentano concentrazioni di acrilammide superiori rispetto ai valori consigliati dalle linee guida europee. Oltre alle patatine, però, la sostanza si trova anche in pane, caffè e surrogati, cereali e biscotti. Si forma infatti spontaneamente e non di rado quando si cuociono i cibi; il problema nasce proprio dal fatto che la sua ingestione è praticamente quotidiana e derivata dalle cotture e dai processi industriali di preparazione dei cibi, come la tostatura, per cui si generano reazioni tale che cambiano odore, colore e consistenza del cibo rispetto a quando era crudo.

Non essendo rigidamente regolata da normative, sono i consumatori a doversi tutelare dall’acrilammide contenuta in patatine fritte e simili, evitando innanzitutto il consumo eccessivo di alimenti industriali, e facendo poi attenzione alla propria dieta e alle proprie abitudini di cottura. Si devono quindi preferire prodotti mediamente cotti, e a casa privilegiare cotture lente e a bassa temperatura, ponendo attenzione al colore degli alimenti, buon indicatore della formazione di acrilammide: i cibi devono essere dorati, e non vi devono essere bruciature o imbrunimenti, per ridimensionare così l’ingestione della sostanza tossica.

Photo credit: Pixabay.it

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