
Sessanta minuti sono sufficienti per valutare il rischio di neurotossicità nei pazienti sottoposti a terapie cellulari avanzate, come le CAR-T, che utilizzano le cellule del sistema immunitario per combattere i tumori ematologici. Questo innovativo approccio, reso possibile dall’uso di vescicole extracellulari di appena 100 nanometri, è emerso da uno studio condotto presso l’IRCCS Policlinico di Sant’Orsola a Bologna, i cui risultati sono stati pubblicati nel Journal of Clinical Investigation.
Scoperta della piattaforma ibt
I ricercatori della Piattaforma di Immunobiologia dei Trapianti e delle Terapie Cellulari hanno sviluppato un metodo per prevedere con diversi giorni di anticipo la possibile insorgenza dell’ICANS, la sindrome da neurotossicità associata alla terapia con cellule immunoeffettrici. Questo effetto collaterale colpisce circa un terzo dei pazienti oncoematologici trattati con le CAR-T e si manifesta tipicamente tra il quinto e il settimo giorno dopo l’infusione, con sintomi che includono confusione, disturbi del linguaggio, difficoltà motorie e convulsioni. Nei casi più gravi, può condurre a coma o addirittura alla morte.
La ricerca ha dimostrato che un’alta concentrazione di vescicole extracellulari nel sangue, misurata un’ora dopo l’infusione della terapia cellulare, è fortemente correlata allo sviluppo della sindrome entro la settimana successiva. Questa scoperta rappresenta un passo significativo nella gestione delle complicanze associate alle terapie CAR-T.
Implicazioni cliniche e miglioramenti nella gestione dei pazienti
La possibilità di prevedere in anticipo lo sviluppo di questa complicanza offre vantaggi significativi nella gestione della terapia. Conoscere il rischio di neurotossicità consente ai medici di adattare tempestivamente la risposta terapeutica e di ridurre i tempi di degenza ospedaliera. Attualmente, i pazienti rimangono ricoverati per circa due settimane a scopo precauzionale. Tuttavia, grazie a questa innovazione, i pazienti considerati a basso rischio potranno essere dimessi in sicurezza prima.
Francesca Bonifazi, direttrice della Piattaforma di Immunobiologia dei Trapianti e delle Terapie Cellulari, ha descritto questo risultato come “eccezionale” e un ulteriore passo avanti per una terapia che rappresenta una delle frontiere più promettenti nella lotta contro mielomi e linfomi. La ricerca continua a progredire, portando nuove speranze per i pazienti affetti da queste patologie.
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