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IL DILEMMA DEL MOMENTO: INQUINARE CON LA MACCHINA O PRENDERE I MEZZI PUBBLICI AFFOLLATI?

Il 2020 verrà ricordato come uno degli anni più strani e particolari della vita di ogni persona che ha avuto l’occasione di viverlo. L’uomo, in linea di massima, tende ad esaltare continuamente quella che è la realtà che ha vissuto durante il proprio passato. In questo caso però ci sarà ben poco da vantarsi.


La speranza è che questa esperienza potrà rimanere unica nel suo genere grazie alla consapevolezza e agli insegnamenti sui quali ci ha dato modo di riflettere. Uno di questi è certamente la rinnovata priorità che dovranno acquisire sia il settore della sanità che quello della cura ecologica dell’ambiente. La “pausa” che abbiamo concesso alla Terra, sul breve periodo, ha dato i suoi frutti. È arrivata l’ora però di ragionare con lungimiranza.

Perché muoversi quando non è necessario?

Spaventati dalla pandemia e costretti dalle regole stabiliti dai governi, abbiamo passato più di due mesi chiusi in casa. Arrivata l’estate, abbiamo potuto trascorrere quasi inaspettatamente le nostre vacanze, seppur osservando alcune importanti accortezze.

Da qualche tempo siamo tornati a lavorare normalmente, anche se la curva dei contagi sembra salire di nuovo inesorabilmente. Prendere i mezzi pubblici nelle ore di punta, ad oggi, nonostante la capienza ridotta, può farci stare poco sereni. Altrettanto però viaggiare in sicurezza nella nostra auto non è certamente un comportamento ecologico.

Qual è la soluzione? Sicuramente, se esiste la possibilità di richiederlo, lo smart working. La medesima prestazione lavorativa, nella maggior parte dei casi, possiamo assicurarla di fronte al pc sulla scrivania di casa. Nel caso dovessimo scegliere realmente tra le due alternative descritte sopra, ad oggi forse la salute personale avrebbe la priorità.

Nel caso siate costretti invece a prendere un autobus, assicuratevi una mascherina migliore di quella chirurgica. Questa infatti protegge esclusivamente gli altri da voi, ma non viceversa. Anche e soprattutto da questi indici è possibile misurare l’arretratezza di un paese: l’Italia purtroppo, come prevedibile, è uno dei fanalini di coda in questo senso.

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