Ambiente

Innalzamento dei mari, le isole scompaiono

Le previsioni degli scienziati sull’ innalzamento dei mari sono tutt’altro che rosee e già si vedono i primi preoccupanti risultati, tra isole che scompaiono e comunità di persone che sono costrette a lasciare le loro case per non essere sommerse.

 

 

Cinque isole non ci sono più

 

Uno dei principali effetti dell’ innalzamento dei mari lo si può constatare facilmente nell’Oceano Pacifico. Cinque delle Isole Salomone, una nazione insulare dell’Oceania composta da 6 isole principali ed oltre 900 isolette, sono state interamente inghiottite dall’innalzamento del livello del mare. Uno studio effettuato da un team di ricercatori australiani e pubblicato su Environmental Research Letters cerca di analizzare come mai il livello del mare in questa zona sia salito ad una media di 7 millimetri l’anno negli ultimi decenni, a fronte di una media a livello globale di 3 millimetri. Due sono i colpevoli ad essere stati individuati e a spiegarli è Simon Albert della University of Queensland, uno degli autori dello studio: “Si tratta di quella che viene definita una unnamed (2)tempesta perfetta. Accanto alla ormai riconosciuta problematica del riscaldamento globale che causa l’innalzamento dei mari c’è stata anche una maggiore pressione dei venti alisei che hanno fisicamente spinto altra acqua nel Pacifico Occidentale”. Lo studio è stato svolto analizzando immagini aeree e satellitari delle isole Salomone dal 1947 a 2014. Ed in questo modo è risultato chiaro come cinque isole, grandi in media da 1 a 5 ettari e fortunatamente disabitate, sono letteralmente scomparse, non esistono più sulla faccia della terra. Altre sei isole hanno visto la propria superficie ridotta dal 20 al 62%: in quella più popolosa delle sei, Nuatambu, nella quale vivono 25 famiglie, i residenti hanno testimoniato come siano già 11 le case ad essere state sommerse. Purtroppo le previsioni sono negative anche a livello mondiale in quanto, sempre secondo Albert, “esse indicano che nella seconda metà del secolo il resto del mondo raggiungerà il tasso di aumento del livello del mare che le Isole Salomone stanno già affrontando”.

 

 

Nel XX secolo innalzamento dei mari da record

 

E i dati di numerosi studi danno purtroppo ragione alle previsioni del professor Albert. Secondo una ricerca coordinata dal Potsdam Institute il XX secolo ha visto un innalzamento dei mari senza precedenti nella storia: la superficie degli oceani si è infatti alzata di 14 centimetri, una crescita mai registrata nei 27 secoli precedenti. Il tasso di innalzamento era sempre stato sotto i 3-4 centimetri al secolo fino alla seconda metà del 1800 e quindi alla seconda rivoluzione industriale. E le previsioni sono ancora più nefaste: in mancanza di un drastico quanto non più rimandabile calo delle emissioni di anidride carbonica, gli oceani sono destinati ad innalzarsi addirittura fino a 130 centimetri entro il 2100, condannando numerose isole e città allo stesso destino delle 5 isole salomone scomparse. Il 2015, poi, è stato l’anno peggiore per il clima, e di conseguenza per l’innalzamento dei mari. Il Rapporto annuale sul clima redatto da 450 scienziati di tutto il mondo ha infatti evidenziato come le emissioni di gas a effetto serra e le temperature globali abbiano raggiunto livelli record e come il livello dei mari abbia avuto un aumento di 3,3 millimetri e una crescita più rapida soprattutto in alcune aree del Pacifico e dell’Oceano Indiano. A fronte di questi dati anche un ulteriore recente studio pubblicato su Nature ha evidenziato previsioni che non fanno ben sperare per il futuro del nostro pianeta. John Fasullo del National Center for Atmospheric Research e i suoi colleghi hanno cercato di determinare se il tasso di aumento del livello del mare stia cambiando: hanno cercato cioè di capire se siamo di fronte a un innalzamento dei mari costante anno dopo anno o se sia in atto una accelerazione. E i risultati sono decisamente interessanti. Utilizzando i dati satellitari, gli autori hanno trovato poche prove di una effettiva accelerazione. Tuttavia, gli studiosi hanno dimostrato che questo dato è dovuto al fatto che i satelliti hanno iniziato la misurazione nel 1993, subito dopo una grande eruzione vulcanica, quella del Monte Pinatubo. Tale eruzione ha ridotto temporaneamente il riscaldamento globale perché le particelle nell’aria hanno bloccato la luce del sole. Quindi la coincidente tempistica dell’inizio delle misurazioni dei satelliti e dell’eruzione ha fatto in modo che l’innalzamento delle acque sembrasse lineare. Se l’eruzione non si fosse verificata, secondo i ricercatori, il tasso sarebbe aumentato.

 

 

Negli Usa a rischio quasi 2 milioni di case

 

Accanto a queste ricerche e a queste fosche previsioni si aggiunge anche uno studio del sito di quotazioni immobiliari Zillow che, a fronte dello stimato innalzamento dei mari previsto entro il 2100 di circa 2 metri (quindi ancora più alto rispetto agli altri studi), calcola che negli Stati Uniti saranno a rischio addirittura 2 milioni di case che rischieranno di essere sommerse. E l’analisi mette in evidenza anche quali potrebbero essere gli stati maggiormente colpiti. In testa la Florida, con una casa su otto che rischierebbe di andare sott’acqua, unnamedma in seria difficoltà sarebbero anche il Nord e il Sud Carolina con 140mila proprietà a rischio sommersione e il Maryland e la Virginia con più di 100mila case in pericolo. Per giungere a questi dati, la società ha utilizzato le mappe disegnate dal National Oceanic and Atmospheric Administration per determinare quali aree costiere sarebbero inondate; quindi ha poi usato il suo database a livello nazionale per determinare quali proprietà potrebbero risultare più a rischio inondazione. Miami potrebbe perdere quasi un terzo del suo patrimonio immobiliare, anche se Miami Beach già ora sta spendendo centinaia di milioni di dollari per installare pompe e per aumentare l’altezza degli argini e delle strade nel tentativo di allontanare l’acqua. A Boston, quasi una casa su cinque potrebbe essere a rischio in mancanza di protezioni più incisive.

 

 

Lasciare la propria casa per l’ innalzamento dei mari è già realtà

 

Se queste, nonostante siano preoccupanti e allarmanti, sono ancora previsioni che riguardano il futuro, c’è invece chi già deve affrontare il problema del vedere la propria casa sommersa: si tratta degli abitanti di Shishmaref, un piccolo villaggio nel cuore dell’Alaska. La loro costa sta inesorabilmente scomparendo tanto da aver portato la comunità a prendere una decisione estremamente dolorosa: quella di abbandonare le proprie case e trasferirsi verso l’interno, in un luogo più sicuro. Shishmaref è situato a circa cinquanta chilometri dal Circolo Polare Artico ed è a soli cinque metri sul livello del mare. Ogni anno le onde stanno erodendo circa sei metri di costa e il mare si sta innalzando a causa dello scioglimento dei ghiacci. Così la comunità ha deciso di indire un referendum per decidere il da farsi: la maggioranza dei votanti, 89, ha scelto di spostare il villaggio in un’area più sicura. E quello di Shishmaref non è nemmeno il primo caso di trasferimento a causa dell’innalzamento dei mari. I primi “rifugiati” per cause climatiche sono stati in realtà i nativi americani della tribù Biloxi-Chitimacha-Choctaw che vivevano nell’isola di Jean Charles, in Louisiana. Negli ultimi 60 anni hanno visto la loro isola diminuire sempre di più fino a passare dai diciotto chilometri in lunghezza e otto in larghezza degli anni Cinquanta agli attuali tre chilometri di lunghezza e mezzo chilometro di larghezza. Le 400 persone della comunità sono state così costrette a iniziare a lasciare la loro terra e a trasferirsi su un’altra isola, più a nord. Ci vorranno però più di due anni per completare questo triste sradicamento e intanto l’isola continuerà a scomparire. A fronte di un aumento di circa 1 cm l’anno del livello del mare, individuato dall’agenzia federale statunitense Noaa (National oceanic and atmospheric administration), si prevede che tra 50 anni di questa isola non rimarrà più nulla, né gli insediamenti Biloxi-Chitimacha-Choctaw né, tantomeno, i numerosi e importanti siti di nidificazione di alcune specie di uccelli marini presenti.

Back to top button
Privacy