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Spreco alimentare, la risposta del web e quella del Parlamento

Si potrebbe pensare che il problema dello spreco alimentare possa riguardare Paesi con una tradizione culinaria e un amore per il cibo meno sviluppati del nostro. In Italia tra novelli Mastercherf e esperti degustatori, il cibo è certamente di primaria importanza, fa parte della nostra cultura, lo amiamo, lo studiamo, ne parliamo… e, purtroppo, ne sprechiamo anche. Ebbene sì, l’Italia, nonostante questa grande passione diffusa dal Nord al Sud della Penisola, non si sottrae alla preoccupante piaga dello spreco alimentare.

 

Spreco alimentare: un problema mondiale

Per capire bene cosa intendiamo quando parliamo di spreco alimentare possiamo leggerne la definizione proposta dal sito “One planet food”, il sito del Wwf dedicato all’alimentazione sostenibile: “Il termine spreco è definito come l’insieme di quei prodotti alimentari che hanno perso valore commerciale e che vengono scartati dalla catena agroalimentare, ma che potrebbero essere ancora destinati al consumo umano. Si tratta di prodotti perfettamente utilizzabili, ma non più vendibili, e che sono destinati a essere eliminati e smaltiti, in assenza di un possibile uso alternativo. I prodotti così classificati perdono le caratteristiche di ‘merce’, ma non quelle di ‘alimento’, quindi sono prodotti invenduti ma non invendibili” (http://www.oneplanetfood.info/sprechi-alimentari/lo-spreco-alimentare/). spreco 2Il fenomeno dello spreco alimentare ha numeri davvero allarmanti se pensiamo che in tutto il mondo ben 1/3 del cibo viene sprecato. Secondo dati della FAO, ogni anno vengono buttate 1,3 miliardi di tonnellate di cibo per una perdita economica che raggiunge addirittura i 750 miliardi di dollari. Solo in Italia il cibo gettato vale addirittura lo 0,57% del PIL. Nel nostro Paese lo spreco si accumula nel comparto dei prodotti freschi (il 35% di latticini, carne e pesce viene buttato), nel pane (19% lo spreco calcolato) e nella frutta e verdura (per una percentuale di spreco del 16%). Lo spreco di cibo, in realtà, può intervenire in diversi punti della filiera agroalimentare: può nascere a monte, e quindi durante la coltivazione, l’allevamento, la raccolta e il trattamento delle materie prime; può crearsi durante il processo di trasformazione, distribuzione o anche nelle eccedenze della produzione, causando quantità importanti di merci invendute; infine può dipendere da quelli che definiamo comunemente sprechi domestici: ben il 42% dello spreco alimentare, infatti, “nasce” nelle famiglie, quando i frigoriferi vengono svuotati di tutti i prodotti lasciati scadere. Tutto questo, riflettendo sul fatto che per 2,1 miliardi di persone che nel mondo sono obese o in sovrappeso ce ne sono ancora 795 milioni che soffrono la fame, e che solo in Italia (dati Inps relativi al mese di luglio 2015) una famiglia su quattro non può permettersi una alimentazione quotidiana adeguata, ha messo in luce l’importanza di dare un freno allo spreco alimentare e trovare soluzioni immediate e convincenti.

 

Una nuova legge è in arrivo: già approvata alla Camera

È di pochi giorni fa (precisamente del 17 marzo) l’approvazione alla Camera della cosiddetta legge Gadda, sulle “Norme per la limitazione degli sprechi, l’uso consapevole delle risorse e la sostenibilità ambientale”. Tale normativa ha previsto numerose iniziative per cercare di combattere lo spreco alimentare, in tutte le sue forme e le sue origini. Tra le proposte più importanti, la possibilità offerta agli operatori del settore agroalimentare di donare le eccedenze agli indigenti, nel caso di materie idonee al consumo umano, oppure offrirle ad animali o per il compostaggio, nel caso di materie non idonee al consumo umano. In queste importanti operazioni, però, devono sempre essere assicurate le norme igienico-sanitarie in linea con le normative europee. Gli operatori del settore, infatti, sono considerati responsabili del mantenimento dei requisiti igienico-sanitari dei prodotti alimentari fino al momento della cessione. Tra i prodotti che potranno essere ceduti ci sono anche gli eventuali alimenti confiscati che, dopo apposita decisione del giudice, saranno indirizzati a enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche e solidaristiche. La legge prevede anche una campagna di sensibilizzazione verso il problema dello spreco alimentare, che sarà veicolata attraverso interventi in trasmissioni televisive e radiofoniche della Rai. Dalle mense ai ristoranti, lo spreco alimentare sarà combattuto in diversi luoghi. Quindi, prendendo esempio dalle famose e già molto diffuse Doggy-Bag, utilizzate in tutto il mondo per riservare agli amici animali quegli alimenti non consumati nei pasti al ristorante, nasce la Family-Bag: in questo caso, le Regioni vengono sollecitate a stipulare accordi con gli operatori della ristorazione per dotarli di appositi contenitori, riciclabili, adatti a trasportare alimenti e quindi utilizzabili dalle famiglie per portare a casa gli avanzi dei pasti. Per le mense, invece, nelle scuole, negli ospedali, nelle aziende, interverrà il Ministero della Salute con apposite indicazioni volte a ridurre gli sprechi e a favorire comportamenti maggiormente responsabili.

 

Dalla esperienza di Expo, contro lo spreco alimentare l’aiuto del Web

Questa nuova legge, che dovrà ora passare al vaglio del Senato, ha visto gli albori in concomitanza con l’apertura di Expo che, alla tematica dello spreco alimentare, ha dato una grande visibilità. Proprio secondo la prima firmataria della legge, l’onorevole Maria Chiara Gadda, Expo ha dato nuovo impulso alla discussione sulla nuova legge, favorendo il testo che ora è in Parlamento grazie al confronto con le associazioni e gli operatori del settore. Durante l’Esposizione Universale sono state presentate numerose best practices messe in atto per combattere lo spreco alimentare, tante di queste sviluppate sfruttando le nuove tecnologie. Tra queste vogliamo citare l’iniziativa di LMSC “Last minute sotto casa” (http://www.lastminutesottocasa.it/), un’esperienza di social market nata a Torino: grazie al sito omonimo, i negozianti possono mettere in vendita a prezzi convenienti la merce fresca che rischia di avanzare. Le persone iscritte possono approfittarne facendo del bene alle proprie tasche e al pianeta. Un’alta soluzione 2.0 arriva da I Food Share (http://www.ifoodshare.org/Informazioni.aspx), una piattaforma web che permette la condivisione del cibo in eccedenza. Chiunque può donare prodotti agroalimentari e metterli in condivisione per evitarne semplicemente lo spreco. spreco 3I Food Share permette la condivisione di piccoli e grossi quantitativi di prodotti alimentari, possono aderire cittadini, grande distribuzione, piccoli esercenti, panificatori e aziende agricole. Stessa filosofia del recupero di alimenti ma applicata in situazioni decisamente “eccezionali” è quella seguita da Equoevento (http://www.equoevento.org/) che è nata a Roma con l’obiettivo di recuperare l’enorme spreco di cibo che si accumula durante gli eventi. Tale cibo viene così raccolto e donato a enti caritatevoli, case famiglia, poveri e bisognosi.  Grande utilità per tutte le famiglie, poi, arriva dalla App UBO “Una Buona Occasione” (http://www.unabuonaoccasione.it/it/app), che è stata lanciata dalle regioni Valle d’Aosta e Piemonte: è stata chiesto agli esperti dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta di indicare le regole a cui attenersi per riuscire a conservare al meglio gli alimenti evitando di buttarne via una buona parte. La App, quindi, offre notizie, consigli e suggerimenti su come, dove e per quanto tempo conservare i cibi (sia cotti che crudi, sia preconfezionati che sfusi, sia freschi che surgelati), su quali siano le porzioni raccomandate, su come riutilizzare gli avanzi e gli scarti, sulla stagionalità della frutta e della verdura, su come fare la lista della spesa e su tante altre cose e se proprio non trovi quello che stai cercando. Tutto questo relativo a ben 500 alimenti di uso comune. Un vero e proprio vademecum in grado di abbattere lo spreco alimentare e di insegnare alle famiglie i comportamenti più responsabili da adottare giorno per giorno.

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