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Petrolio, dall’Australia una spugna per pulire il mare

Dall’Australia arriva una soluzione economica e sostenibile per rimuovere il petrolio che ogni anno finisce il mare. Si tratta di una specie di spugna in grado di assorbire il greggio e trasformarlo in “gelatina”.


Le perdite di petrolio in mare sono uno dei principali problemi relativi all’inquinamento marittimo. L’anno scorso, secondo i dati della Federazioni Internazionale dei proprietari di navi cisterna, sono finiti negli oceani 7000 tonnellate di greggio. Dall’Australia è però in arrivo una soluzione in grado di assorbire e rimuovere queste perdite grazie ad una sostanza galleggiante nata dalla combinazione fra scarti della stessa industria petrolifera e olio da cucina. L’invenzione arriva dai ricercatori della Flinders Univesity del South Australia, un nuovo polimero composto da zolfo e olio di canola e che funziona come una vera e propria spugna capace di assorbire il petrolio greggio e il diesel dispersi nell’acqua salata.

Una volta che il polimero ha assorbito queste sostanze può poi essere spremuto per riutilizzare il petrolio rimosso. Questa particolare spugna può essere anche utilizzata come filtro in una pompa da cui far passare l’acqua inquinata, che viene quindi “pulita” e può essere poi rimessa in mare. Il petrolio viene letteralmente intrappolato da questo polimero, che lo trasforma poi in una sorta di gelatina, come spiega il responsabile del progetto Justin Chalker, docente di chimica sintetica della Flinders University.

Ma come è possibile? L’olio di canola e lo zolfo sono idrofobi e quindi non interagiscono con l’acqua. Il polimero nato dalla loro fusione riesce quindi ad assorbire e trasformare in gelatina il petrolio. Un effetto, quest’ultimo, che non si aspettavano nemmeno i ricercatori: “Non ci aspettavamo l’effetto di aggregazione. E’ uno dei risultati interessanti emersi in laboratorio”, ha spiegato Chalker. Una soluzione sostenibile ed economica rispetto alle tecniche usate attualmente per pulire le zone colpite dal petrolio, ad esempio, le fibre di polipropilene o la schiuma di poliuretano. Ora il passaggio successivo è di produrre il prodotto su larga scala e quindi eseguire le prime sperimentazioni in mare già dal prossimo anno.

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