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Mercurio tossico al Polo Sud: è allarme inquinamento

Mercurio tossico nell’atmosfera, testimoniato dalla sua presenza nei ghiacci antartici. La cattiva è di pochi giorni fa ed è venuta alla luce grazie alla capacità di conservazione propria del ghiaccio. In effetti pensando all’Antartide si può parlare di un vero e proprio archivio naturale custodito nel ghiaccio, il più grande mai studiato, che comprende i dati relativi agli ultimi nove cicli di età glaciali e interglaciali. Per leggere le informazioni raccolte al suo interno, la comunità scientifica è da tempo alla ricerca di nuovi marcatori. Ad esempio, circa 41mila anni fa, al tempo dell’ultima glaciazione, ci fu il rovesciamento quasi completo del campo magnetico terrestre, l’evento geomagnetico più intenso degli ultimi 50mila anni già noto agli studiosi, fin dagli Anni Ottanta, come “Laschamps”. Recentemente un gruppo internazionale, guidato dai chimici dell’Università di Firenze Rita Traversi, Roberto Udisti, Mirko Severi e Silvia Becagli, ha individuato, nel ghiaccio estratto a elevate profondità in Antartide, i segni registrati da quell’enorme avvenimento. Il lavoro è stato realizzato nell’ambito del progetto Epica – European Project for Ice Coring in Antarctica – ed è stato descritto dalla rivista Scientific Reports. Oltre a consentire agli studiosi di accedere a importanti informazioni paleo-climatiche, relativamente ai tempi e alla durata dei periodi glaciali e interglaciali, la ricerca ha dimostrato l’efficacia degli studi sulle stratigrafie nelle carote di ghiaccio estratte ai Poli, utilizzabili quali indicatori in grado di ricostruire il flusso dei raggi cosmici nelle età passate. La quasi-inversione di polarità del campo geomagnetico ha lasciato tracce nelle rocce vulcaniche e nei sedimenti marini di entrambi gli emisferi, ma non solo: l’evento fu all’origine di un indebolimento dello schermo della Terra nei confronti dei raggi cosmici, consentendo a questi di penetrare nell’atmosfera e di imprimere le proprie “firme” nel ghiaccio. Grazie ad un campione prelevato dalla base di ricerca italo-francese “Concordia” in Antartide, che con una lunghezza di 3.233 metri copre un arco temporale di quasi un milione di anni, i ricercatori fiorentini, in collaborazione con i colleghi Sami Solanki del Max-Planck Institute for Solar System Research di Gottinga e Ilya Usoskin del Dipartimento di Fisica della finlandese Università di Oulu, hanno evidenziato la presenza di una forte anomalia nelle concentrazioni di isotopi cosmogenici (ossia prodotti dal bombardamento dei raggi cosmici sulla Terra), come il Berillio 10, collocabile circa 41mila anni fa. «Gli indicatori utilizzati fino a oggi per studiare il flusso dei raggi cosmici sulla Terra in epoche passate, i radionuclidi cosmogenici 10Be (Berillio 10) e 14C (Carbonio 14), hanno dei limiti», ha spiegato Traversi, ricercatrice di Chimica analitica al Dipartimento di Chimica “Ugo Schiff”. I ricercatori si sono quindi occupati di verificare la sensibilità delle stratigrafie di nitrati al flusso di raggi cosmici e hanno, così, dimostrato che il metodo funziona come strumento per rilevare un evento particolarmente violento, in grado di rendere vulnerabile la Terra alle particelle energetiche provenienti dallo spazio, esattamente come fu Laschamps. Questi metodi di rilevazione servono anche per mettere anche in allerta riguardo ai nuovi pericoli ed eccoci, dunque, alla recente scoperta del mercurio nell’atmosfera e nei ghiacci marini antartici.

 

 

Mercurio tossico nel ghiaccio antartico

Uno studio condotto da un team di scienziati australiani dell’Università di Melbourne, infatti, ha trovato notevoli quantità di una forma tossica di mercurio, il metilmercurio, nell’atmosfera e nei ghiacci antartici. Può esserci il rischio che il metilmercurio liberato dal ghiaccio antartico nell’oceano potrebbe contaminare la catena alimentare dato gli alti livelli di metilmercurio nell’ecosistema marino, i quali potrebbero provenire dalla deposizione atmosferica del mercurio Hg nel mare. La speranza è che si possa agire sull’andamento del riscaldamento globale, che continua a crescere, al più presto in quanto la popolazione globale dell’area antartica potrebbe essere sempre più soggetta all’esposizione di questa forma tossica del mercurio. Infatti quando noi ingeriamo il metilmercurio, esso può passare facilmente dallo stomaco al sangue per poi raggiungere il cervello causando dei problemi di sviluppo nei feti, nei neonati e nei bambini. Adesso questo team di ricercatori australiani sta cercando di capire innanzitutto quali siano i fattori ambientali all’origine di tale forma di inquinamento e quale sia l’estensione di contaminazione nelle acque dell’Antartide. Secondo uno dei ricercatori, Caitlin Gionfriddo, il rischio è proprio che il metilmercurio rilasciato dal ghiaccio antartico nell’oceano possa contaminare la catena alimentare. «Ci sono alti livelli di metilmercurio nei nostri ecosistemi marini, in particolare dell’ambiente, ma non sappiamo come vengono prodotti – dice Gionfriddo -. Stiamo rilevando che questi si accumulano nella catena alimentare e la maggior parte potrebbe provenire proviene dalla deposizione atmosferica del mercurio in mare». Quello che è evidente, sostengono gli scienziati, è che diversi fattori stanno danneggiando la salute dei sistemi marini antartici, ed è necessario comprendere subito come questi fattori agiscono e interagiscono fra loro. Pena la rovina di uno degli ultimi paradisi naturali incontaminati. La preoccupazione dei ricercatori è in particolar modo quella che se continuerà il trend del riscaldamento globale in atto, la popolazione globale potrebbe essere sempre più soggetta all’esposizione al mercurio a causa del consumo di pesce di quest’area. Quando ingerito, infatti, il metilmercurio passa facilmente dallo stomaco al sangue e può raggiungere il cervello causando potenziali problemi di sviluppo nei feti, in neonati e bambini. Ora i ricercatori cercheranno di capire quali sono i fattori ambientali all’origine di questa forma di inquinamento da metilmercurio e quale sia l’estensione della contaminazione nelle acque antartiche; le informazioni ottenute saranno fondamentali per capire i processi tramite i quali il mercurio inorganico viene convertito in metilmercurio, composto come detto estremamente tossico, e come esso si accumuli negli organismi acquatici e da qui, nella catena alimentare.