La minaccia per la biodiversità arriva dallo scioglimento dei ghiacciai: cosa sta accadendo e quali sono i piani internazionali
Il Mare di Weddell, situato nell’Oceano Meridionale, rappresenta uno degli ecosistemi più ricchi e diversificati del pianeta. La situazione è grave.
Questo mare, il più grande dell’Antartide, è un vero e proprio santuario per una vasta gamma di specie marine che si sono adattate alle sue fredde profondità.
Tra queste troviamo spugne, coralli e innumerevoli altri organismi che contribuiscono a rendere la biodiversità di alcune aree del Mare di Weddell paragonabile a quella delle barriere coralline tropicali.
La particolarità del Mare di Weddell risiede nella sua capacità di ospitare comunità biotiche estremamente variegate. Qui, foche e pinguini imperatore trovano l’ambiente ideale per la riproduzione dei loro piccoli; il krill si nutre delle microalghe presenti sotto le banchise attirando così pesci, balene e uccelli marini in un ciclo vitale continuo.
Sul fondo marino proliferano i cosiddetti pesci-ghiaccio (“icefish”), privi di emoglobina ma circondati da giardini sottomarini costituiti da spugne di vetro (“glass sponges”), anemoni e lumache di mare.
Mentre i cambiamenti climatici rappresentano una sfida globale senza precedenti, progetti come WOBEC dimostrano l’impegno della comunità scientifica internazionale nella ricerca d soluzioni concrete per salvaguardare gli ultimi paradisi naturalistici rimasti sul nostro pianeta.
Riduzione ghiaccio minaccia
Tuttavia, questo fragile equilibrio è minacciato dai cambiamenti climatici in atto che potrebbero alterare irreversibilmente l’habitat naturale del Mare di Weddell.
La riduzione delle superfici ghiacciate non solo impatta direttamente sulla fauna locale dipendente dal ghiaccio come il krill e le foche di Weddell ma rischia anche di compromettere l’intero sistema ecologico della regione.
Per fronteggiare questa emergenza ambientale nasce il progetto europeo “Weddell Sea Observatory of Biodiversity and Ecosystem Change” (WOBEC), coordinato dall’Istituto Alfred Wegener con la partecipazione dell’Università di Padova tra gli altri.
L’iniziativa mira a gettare le basi per osservazioni sistematiche a lungo termine dei potenziali cambiamenti nell’ecosistema del Mare di Weddell attraverso un finanziamento complessivo che ammonta a circa 1,9 milioni di euro.
Il team guidato dalla prof.ssa Chiara Papetti dell’Università di Padova avrà il compito cruciale nei prossimi tre anni: determinare lo stato attuale della comunità biotica nel Mare di Weddell stabilendo uno scenario iniziale su cui basare un monitoraggio continuativo dell’ecosistema nell’Oceano Meridionale in trasformazione.
Grazie al sostegno finanziario del Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR), questo gruppo internazionale lavorerà alla creazione d’una strategia efficace per preservare la biodiversità unica del Mare Di Weddell contro gli effetti devastanti dei cambiamenti climatici.