Ocean energy. La Francia crede fortemente in questa nuova fonte alternativa e, per bocca del suo ministro per l’Ambiente, Ségolène Royal, ha dichiarato di voler sviluppare energie rinnovabili marine tanto da arrivare, in sette anni, e quindi entro il 2023, a raggiungere i 100 MW elettrici attraverso impianti di sfruttamento dell’energia delle onde e delle maree e attraverso l’eolico galleggiante.
Come sfruttare le potenzialità della ocean energy: le onde
Calcolando che il nostro pianeta è ricoperto di acqua per il 71% e che di tale percentuale ben il 97% è acqua degli oceani, possiamo intuire quanta potenzialità può nascondersi nello sfruttamento del mare per creare energia. Attualmente le principali tecnologie sviluppate o studiate per utilizzare quella che viene definita appunto la ocean energy prevedono lo sfruttamento dei movimenti prodotti nell’acqua dalle onde, dalle maree, dalle correnti e le differenze di salinità e di temperatura dell’acqua stessa. La prima idea è quella di sfruttare il moto ondoso del mare per creare energia. Tutto nasce dall’azione dei venti che soffiano sulle superfici dei mari e degli oceani e che producono onde più o meno alte, più o meno intense. In questo caso l’energia viene prodotta principalmente da dispositivi flottanti capaci di trasformare il movimento delle onde in energia: alcuni trasformano il movimento delle onde nel moto relativo di un rotore, altri inducono il moto ondoso a comprimere aria contenuta in un corpo chiuso (colonna d’acqua oscillante), altri ancora sfruttano il principio di Archimede in camere sommerse o raccolgono l’acqua sospinta dalle onde in un bacino che mette in moto delle turbine rifluendo. Ci sono addirittura allo studio ipotesi per riuscire a intervenire sulle onde stesse in modo da aumentarne l’altezza e il potenziale di conversione in energia elettrica.
Le maree
Per quanto riguarda lo sfruttamento delle maree, invece, gli interventi richiesti sono decisamente superiori. Si tratta infatti di creare una diga artificiale situata sull’estuario dei fiumi in direzione del mare: l’acqua viene intrappolata durante l’alta marea in un bacino e poi rilasciata nel momento della bassa marea, permettendo a turbine accoppiate a generatori elettrici di lavorare e creare energia. Dall’innalzamento e dall’abbassamento regolare delle masse d’acqua, infatti, si ricava energia. Queste tecnologie si basano su un fenomeno naturale che è quello delle maree, moti periodici e quindi assolutamente prevedibili. Tale prevedibilità può aiutare a sviluppare il settore della ocean energy in quanto suscettibile di minor casualità, come invece succede nel caso di altre rinnovabili (eolico ad esempio), soggette ad andamenti non programmabili. Premessa irrinunciabile per poter sviluppare questo tipo di energia rinnovabile è che l’ampiezza di marea, cioè la differenza tra il livello minimo e il livello massimo dell’acqua, sia sufficiente.
Le correnti
Nel caso delle correnti accade che imponenti masse di acqua muovano le pale di turbine posizionate nel mare. L’energia cinetica che ne consegue viene poi convertita in energia elettrica. Secondo i dati dell’Eni nella sola Europa la disponibilità di questo tipo di energia è pari a circa 75 gigawatt (75 milioni di chilowatt) per una stima di energia sfruttabile pari a circa 50 terawatt (terawattora equivalenti a 50 miliardi di chilowattora). Le turbine per lo sfruttamento delle correnti marine possono essere ad asse orizzontale o ad asse verticale. Le turbine ad asse orizzontale sono più adatte alle correnti marine costanti, come quelle presenti nel Mediterraneo, mentre le turbine ad asse verticale sono più adatte alle correnti di marea per il fatto che queste cambiano direzione di circa 180 gradi più volte nell’arco della giornata. Nel primo caso si sfrutta l’energia osmotica derivante dalla differenza di salinità tra gli oceani e l’acqua dolce in corrispondenza delle foci dei fiumi. Nel secondo invece si sfrutta la differenza di temperatura tra le acque più profonde e quelle più superficiali. Grazie al lavoro incessante del sole, che scalda le acque del mare, ci può essere anche una differenza notevole visto che le acque più profonde, ad esempio quelle a livello di 600 metri, non superano i 6-7 gradi mentre in superficie si può arrivare a 25-28 gradi. Sulle acque superficiali, proprio a causa di questo cambiamento di temperatura, si formano vapori di sostanze come ammoniaca e fluoro che mettono in funzione una turbina e un generatore di elettricità, passano in un condensatore e tornano allo stato liquido raffreddati dall’acqua aspirata dal fondo. Sempre secondo dati dell’Eni, una differenza di 20 gradi centigradi basta a garantire la produzione di una quantità di energia economicamente sfruttabile. Attualmente si ha una potenza di 50 chilowatt, ma si pensa di poter arrivare a 2 megawatt anche se i costi sono molto alti.
Lo sviluppo europeo
In Europa, il primo Paese che ha dato notevole impulso allo studio e alla realizzazione di impianti per lo sfruttamento della ocean energy è stata la Svezia.
Australia pioniera dell’energia del mare
A livello mondiale, il primo Paese ad aver investito nella ocean energy è stato l’Australia. Nel 2015 è infatti entrato in funzione il Perth Wave Energy Project , una centrale che produce energia elettrica dal moto ondoso e connessa direttamente alla rete, in grado di alimentare la base navale Hmas Stirling. Sviluppatrice del progetto come anche della tecnologia che ne sta alla base (Ceto) è l’azienda australiana Carnegie. La particolarità di Ceto è quella di essere completamente sommerso e quindi invisibile dalla riva.