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Rivoluzione verde in città: l’esempio di Bogotà

Dalla fine degli Anni Novanta a oggi Bogotà, a 2600 metri sul livello del mare e con oltre nove milioni di abitanti, ha subito una vera e propria metamorfosi green, una sorta di rivoluzione verde: le amministrazioni che si sono susseguite alla guida della capitale colombiana negli ultimi quattro lustri hanno costruito 120 chilometri di piste ciclabili e investito milioni di dollari negli spazi pubblici per trasformare le strade in lunghi e accoglienti punti di aggregazione, il tutto con un obiettivo ben preciso: aumentare il tasso di felicità dei cittadini.

Caos e smog sulle Ande
Nel 1998 Bogotà è una città di sette milioni di abitanti conosciuta nel mondo come una delle metropoli più pericolose dell’intero pianeta. Nelle sue strade si muore quotidianamente non soltanto per le sparatorie tra bande di narcotrafficanti e per quelle tra narcotrafficanti e polizia, ma anche perché il traffico automobilistico è assolutamente caotico. Non c’è nessun piano di viabilità a regolamentare il flusso dei veicoli e i mezzi pubblici girano per le carreras e le avenidas senza orari da rispettare e non avendo neanche delle fermate fisse alle quali fermarsi. Le auto sostano “regolarmente” sui marciapiedi rendendo spesso impossibile ai pedoni camminare in sicurezza per la città. Gli incidenti gravi e gravissimi sono all’ordine del giorno. L’inquinamento dell’aria raggiunge spesso i livelli di guardia. Un inferno nel quale è complicato vivere e svolgere anche le attività più banali. Questo porta gli abitanti ad avvertire ancora e sempre più pesantemente la mancanza di prospettive per il futuro che derivano – oltre che dalla pessima vivibilità di Bogotà – dal contesto economico e sociale molto difficile della Colombia di quegli anni e finiscono così per essere inquieti, angosciati e odiare la loro città. Nessun amministratore fino a quel momento è riuscito a porre rimedio a questa drammatica situazione.

Enrique Peñalosa, il sindaco della svolta verde
Proprio nel 1998 Enrique Peñalosa viene eletto sindaco di Bogotà. Il nuovo primo cittadino ha un sogno che può sembrare un’utopia: rendere i propri cittadini felici. Peñalosa in realtà è tutt’altro che uno sprovveduto. La sua idea di fondo è quella di realizzare una città che, seppur molto grande, deve essere restituita ai suoi cittadini che dovranno sentirsi liberi di abitarla. Per fare questo occorre togliere spazio alle auto. Appena entrato in carica Peñalosa trova sul suo tavolo di sindaco un documento ereditato dalla precedente amministrazione. Si tratta di un grandioso progetto elaborato dalla Agenzia Internazionale di Cooperazione Giapponese: un sistema autostradale a sette livelli, che ha l’obiettivo di portare il maggior numero possibile di auto fuori dal centro della città: costo totale dell’opera cinque miliardi dollari. Il neosindaco rifiuta il progetto nipponico perché convinto che, una volta realizzato, non andrebbe a migliorare la vita dei bogotani. Anzi. Peñalosa pensa che le autostrade proposte dai giapponesi avrebbero l’effetto di aumentare il numero di auto e dunque il volume totale del traffico, lui ha esattamente l’obiettivo opposto.

La rivoluzione delle biciclette
Il concetto di base del neo sindaco è molto semplice: le strade di Bogotà devono essere più per le persone e molto meno per le automobili. Da qui Peñalosa parte per cominciare la sua rivoluzione ecologica. L’amministrazione decide di prendere come modello la città brasiliana di Curitiba e il suo sistema di trasporto pubblico estremamente efficiente. Per prima cosa viene costruito il Trans Milenio, una sorta di metropolitana di superficie che attraversa la città lungo le due direttrici principali, da Nord a Sud e da Est a Ovest, e che oggi, con otto linee attive, fa viaggiare quotidianamente oltre mezzo milione di persone. Subito dopo viene costruita la più estesa area pedonale di tutta l’America Latina: ben diciassette chilometri di spazio pubblico messo a disposizione dei cittadini bogotani che rispondono entusiasticamente e ogni giorno in tre milioni affollano questo vero e proprio punto di aggregazione sociale. Ma la scelta che più caratterizza l’attività amministrativa di Peñalosa è quella di costruire ex novo una rete di piste ciclabili da far invidia a molto centri del Nord Europa. Già negli anni della sindacatura di Peñalosa sono moltissime le vie che vengono sottratte alla circolazione delle auto e riservate alle biciclette. Oggi grazie alla prosecuzione di quella politica anche da parte delle amministrazioni che si sono susseguite nel corso degli anni le biciclette hanno oltre 120 chilometri di strade tutte per loro e si stima che entro pochi anni queste piste raddoppieranno la loro estensione superando abbondantemente i duecento chilometri complessivi.

Metropoli a misura d’uomo
Chi pensasse che Peñalosa non sia altro che un ambientalista oltranzista sbaglierebbe. Sotto la sua amministrazione lo sviluppo della città ha continuato a crescere e il centro finanziario della capitale colombiana ha visto sorgere negli ultimi quindici anni numerosi grattacieli, ma senza esagerazioni inutili o eccessi pacchiani. Non solo. Nel giro di tre anni (1998-2001, quelli della prima sindacatura di Peñalosa) sono state costruite (o si sono avviati i lavori) di 52 nuove scuole e altre 150 sono state ristrutturate; questo investimento mirato ha portato le iscrizioni scolastiche ad aumentare del 34%. Ancora. Sono stati realizzati o rimessi in ordine 1200 parchi e campi da gioco e ciò ha permesso di piantare oltre centomila alberi. Sono state realizzate tre nuove biblioteche centrali e ben dieci di quartiere. Sono stati edificati più di cento asili per i bambini sotto i cinque anni. È stata garantita l’acqua corrente 24 ore su 24 anche agli abitanti dei quartieri più poveri. Ma soprattutto è stata introdotta la domenica senz’auto, in cui quasi tutte le principali arterie di Bogotà vengono chiuse per un totale di oltre cento chilometri restituiti alle persone. Ogni domenica un milione e mezzo di cittadini bogotani usufruisce di questa iniziativa dell’amministrazione municipale e scende in strada. E il punto è proprio questo. Le aree pedonali realizzate da Peñalosa – sia quella feriale di 17 km, sia quella straordinaria della domenica – hanno avuto una valenza sociale molto più alta del semplice abbassamento dell’inquinamento o della diminuzione del traffico. Tutti i rioni attraversati dall’isola per pedoni si sono riempiti di vita e questo ha portato ad un abbassamento della criminalità anche nelle zone storicamente più pericolose della metropoli. La gente ha cominciato a scendere e a camminare per le strade sgombre di auto e ha finito per far diventare le vie centrali (e non solo) di Bogotà un vero e proprio punto di aggregazione, una specie di unica grande piazza nella quale trovarsi e socializzare.

Il ritorno del sindaco della felicità
La rivoluzione portata avanti da Peñalosa e dai suoi successori (a cominciare da Antanas Mockus) negli ultimi quindici anni ha notevolmente migliorato la qualità della vita dei bogotani, i quali hanno da subito cominciato a percepire l’amministrazione della città come un’autorità finalmente vicina ai loro reali bisogni e capace di fare qualcosa di concreto per aiutare le loro attività di tutti i giorni. In buona sostanza, il cambiamento delle modalità di mobilità ha determinato nuovi e più sani processi sociali. Sarà per questo che nello scorso ottobre alle elezioni amministrative oltre il 33% dei cittadini di Bogotà ha deciso di rieleggere come sindaco proprio lui, Enrique Peñalosa, che dopo quattordici anni è tornato dunque a guidare l’amministrazione della capitale colombiana. E sarà per questo che già da tempo il nuovamente neosindaco di Bogotà viene indicato in tutto il mondo come uno dei più credibili leader in materia di sviluppo sostenibile applicato all’amministrazione pubblica. Lui si rimbocca le maniche mentre si prepara alla nuova sfida e intanto spiega che “l’economia, l’urbanistica e persino l’ecologia, sono solo dei mezzi. La felicità è il fine”. Firmato Peñalosa.