Ambiente

l’Agricoltura italiana è diventata la più green d’Europa

L’Agricoltura italiana è diventata la più green d’Europa. A dimostrarlo anche uno studio .

Secondo il Rapporto ISMEA sulla Competitività dell’agroalimentare italiana è di  60,4 miliardi di euro il Valore aggiunto agroalimentare (33 mld di euro dell’agricoltura, 27,4 mld dell’industria alimentare); 219,5 miliardi di euro il valore aggiunto del settore agroalimentare allargato (13,5% il peso sul PIL); 753,8 mila imprese agricole e 71 mila imprese dell’industria alimentare (in totale è il 13,5% delle imprese italiane); 1 milione e 385 mila occupati nell’agroalimentare (5,5% degli occupati totali) di cui 913 mila nella fase agricola e 465 mila in quella industriale; 41 mld di euro le esportazioni di prodotti agroalimentari; 160,1 miliardi di euro la spesa delle famiglie per prodotti alimentari e bevande (15% del totale)”:

Il Made in Italy agroalimentare si configura come una grande risorsa per il Paese: “non è solo una fotografia dello stato di salute del settore nel nostro Paese, ma uno strumento concreto di analisi per guardare oltre, avere una visione d’insieme e pianificare il rafforzamento e il rilancio del comparto! – Ha affermato il Ministro delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo, Gian Marco Centinaio, al momento della sua presentazione.

L’agroalimentare italiano sta finalmente venendo fuori dalla crisi e guadagnando dun ruolo sempre più rilevante nell’economia italiana. Inoltre, l’impatto ambientale del nostro settore agricolo si sta progressivamente riducendo. Questo è quanto risulta da uno Studio di Cia-Agricoltori italiani: “Le nostre colture pesano solo il 6% sulle emissioni totali degli inquinanti: CO2 a -25%; pesticidi -27%; erbicidi -31%”. L’aumento progressivo e sensibile alla bio-sostenibilità e al contenimento dell’inquinamento ambientale è riscontrabile per tutti i principali indici di impatto ambientale, inclusi i fungicidi -28% in contemporaneo all’aumento della produzione di “energia green” +690% e delle superfici bio + 56%. In pratica, l’Agricoltura italiana è diventata quella con il maggior numero di certificazioni alimentari a livello comunitario per i prodotti a denominazione di origine Dop/Igp. Stando ai ricercatori che hanno condotto lo Studio, in parallelo alla crescita di colture green e di energie rinnovabili stiamo assistendo alla pesante riduzione di utilizzo di prodotti chimici inquinanti e in parallelo all’aumento della manutenzione delle aree verdi realizzate dagli agricoltori.

“L’Italia – mette in rilievo Pierfrancesco Sacco, Ambasciatore d’Italia e Rappresentante Permanente presso le Agenzie ONU in Roma alla cerimonia della firma dell’Accordo – potrà fornire un apporto ancora maggiore nel campo dell’innovazione agricola a favore dei produttori a livello familiare e dei piccoli e dei proprietari grazie ai grandi passi avanti di cui si è resa protagonista”. Grazie al contributo di tutti i sistemi agricoli e alimentari potranno essere trasformati, evolvere e potranno essere trovate soluzioni innovative per aumentare la loro sostenibilità e produttività. Quello verso cui ci stiamo avviando è un nuovo paradigma: “L’agroecologia”: un approccio nuovo che comporterà molteplici benefici.

Per la FAO la semplice “Rivoluzione verde” si sta avviando al capolinea, siamo in tempi in cui occorre un cambio culturale, un approccio ecologico e sociale: mettendo insieme le conoscenze tradizionali e scientifiche questo modello applica approcci ecologici e sociali ai sistemi agricoli, concentrandosi e sviluppando tutti i possibili sviluppi che possono derivare dalle interazioni tra piante, animali, esseri umani e ambiente.

L’agroecologia unisce conoscenze tradizionali e scientifiche nel rispetto dell’ambiente da usarsi “per la sicurezza alimentare e la resilienza, per rafforzare i mezzi di sussistenza e le economie locali, per diversificare la produzione alimentare e le diete, per migliorare la fertilità e la salute dei suoli, per adattarsi ai cambiamenti climatici e mitigarne gli effetti, per preservare le culture locali e i sistemi di conoscenze tradizionali”.

Photo Credit Pixabay

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