Salute e benessere

Il riso diventa meno nutriente a causa delle emissioni di anidride carbonica

I danni dell’inquinamento su ciò che mangiamo: per colpa delle emissioni di anidride carbonica, il riso sta diventando sempre meno nutriente


Uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Tokyo e pubblicato su Science Advances afferma che l’aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera porterà ad una diminuzione progressiva dei valori nutrizionali del riso. Esaminando diversi campioni del cereale, coltivati in zone diverse più o meno caratterizzate da concentrazioni di Co2 e in diversi periodi, è emerso che nelle zone con concentrazioni più elevate sono presenti in minori quantità ferro, zinco, proteine e vitamine del gruppo B: nella seconda metà del secolo i valori nutrizionali sono destinati a scendere a causa delle maggiori concentrazioni di anidride carbonica nell’aria.

Nello specifico, sono state coltivate in dei siti di ricerca in Cina e Giappone diciotto varietà di riso “rinchiuse” da ottagoni di plastica in cui sono state immesse quantità di aria con le concentrazioni di Co2 che respireremo in futuro, in modo da capire in quali condizioni cresceranno le piante che verranno coltivate in futuro. Non tutte le tipologie hanno per fortuna reagito allo stesso modo, ma il dato allarmante è che la diminuzione di valori nutritivi è stata significativa per alcune specie.

Il rischio è che le persone che vivono nei paesi in cui si consuma principalmente riso potrebbero andare incontro alla malnutrizione, diminuendo il valore nutrizionale di un prodotto che è a basso costo. Il riso infatti, nei paesi in via di sviluppo, è un’importante fonte di calorie ma anche di nutrienti: il 50 per cento dell’energia quotidiana è tratta da questo cereale da almeno 600 milioni di persone in paesi come Cambogia, Vietnam, Madagascar, Indonesia, Bangladesh. Il problema è che difficilmente si riusciranno a ridurre le emissioni di anidride carbonica, e quindi il cibo che mangiamo conterrà sempre più veleno.

Photo credi: Pixabay.it

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