Salute e benessere

Calvizie: nell’olio di frittura delle patatine McDonald’s una possibile cura

Uno studio ha rivelato che una sostanza presente nell’olio di frittura usato da McDonald’s per evitare la formazione di schiuma potrebbe essere efficace per combattere la calvizie

Nell’olio di frittura delle tanto amate patatine di McDonald’s la chiave per sconfiggere la calvizie. Non un claim pubblicitario del fast-food americano, quanto la scoperta di un gruppo di ricercatori dell’Università di Yokohama che sono riusciti a far crescere dei capelli sul dorso di alcuni topo grazie al dimetilpolisilossano, una sostanza antischiumogena che nell’industria alimentare viene utilizzata spesso, e proprio McDonald’s se ne serva aggiungendola all’olio usato per friggere le patatine e gli altri pasti, per evitare la formazione di bolle e gli schizzi.

Questo additivo, che è una sorta di silicone, permeabile all’ossigeno, ha permesso agli scienziati di coltivare in massa sui dorsi dei topi i germi del follicolo pilifero (HFG, hair follicle germs) che sono le cellule che permettono la crescita dei follicoli piliferi, quindi la struttura da cui hanno origine i peli. Gli HFG sono le cellule che vengono appunto studiate e usate per trovare un rimedio alla calvizie. Se finora era stato possibile produrne in laboratorio 50 per volta, ora ne sono stati prodotti cinquemila trapiantandoli sui topi che in pochi giorni si sono riempiti di ciuffi neri.

Ciò che ha permesso di produrre HFG in massa è stata proprio la scelta di utilizzare il dimetilpolisilossano. Gli autori dello studio, considerati i dati incoraggianti, hanno intenzione di perfezionare la tecnica per passare ad una sperimentazione umana sella speranza che si riesca a trattare con successo condizioni come l’alopecia. Ma, per scoprire se c’è davvero un rimedio per la calvizie, bisognerà attendere almeno altri cinque anni: nel frattempo, non è sicuramente utile fiondarsi da McDonald’s e ordinare quintali di patatine e cibi fritti per risolvere in anticipo il problema.

Photo credit: Pixabay.it

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